Cosa c’entra la Vitis Vinifera con Carlo Magno?
Prima di rispondere a questa domanda farei un piccolo identikit di un imperatore che la storia, oltre a viverla, l’ha fatta in prima persona. Re dei Franchi, Re dei Longobardi e primo Imperatore del Sacro Romano Impero. “Magno”, che significa Grande, è un appellativo che la storia ha concesso a pochissimi personaggi assolutamente straordinari e Carlo “Il Grande”, lo è stato senza alcun dubbio. La sua storia è lunga e ricca di avvenimenti. In questo episodio ci concentreremo però più sui gusti culinari dell'imperatore e sul suo trattato “Capitulare de Villis”, fondamentale per la Vitis Vinifera.
Immaginiamo prima di tutto quale potesse essere il suo aspetto fisico e possiamo farlo grazie ad Eginardo, uno storico e architetto franco, che conobbe Carlo Magno personalmente e che, dopo la sua morte, ne scrisse la biografia “Vita e Gesta Caroli Magni”. Egli era di corporatura robusta e forte, di alta statura, ma tuttavia non sproporzionata; infatti la sua altezza corrispondeva a sette dei suoi piedi. aveva una testa rotonda, occhi molto grandi e vivaci, il naso un po’ più lungo della media, bei capelli canuti, un viso piacevole e vivace. Sebbene il suo collo fosse grasso e un po’ corto e il ventre un po’ prominente, ciò non danneggiava la proporzione.
Egli aveva un’andatura sicura e un atteggiamento assolutamente virile. La voce era chiara, ma non era adatta al suo aspetto fisico. Egli godeva di ottima salute; solo negli ultimi quattro anni di vita fu colto da frequenti attacchi di febbre e verso la fine dei suoi giorni zoppicò anche da un piede. A proposito di statura, pare fosse alto un metro e 92. Sappiamo inoltre che portava l’equivalente del nostro 46 di piede e che vestisse in modo semplice: biancheria di lino, brache, una camicia e una corta tunica. D'inverno spesso indossava pellicce di ratto o di lontra, che al tempo non erano considerate così disgustose come oggi. Solo durante le cerimonie ufficiali e in circostanze eccezionali, metteva la corona e si vestiva come gli imperatori romani.
Parlando di statura, giusto per saperlo, in questo periodo storico gli uomini, meglio i contadini, avevano una statura molto bassa, questo era dovuto al tipo di alimentazione; diciamolo non è che nel menù quotidiano ci fossero spesso alimenti ricchi di sostanze nutritive utili a uno sviluppo armonico del corpo, alcuni non mangiavano neanche così di frequente. La carne, poi, si consumava in rare occasioni. I nobili invece mangiavano tanta e tanta carne quindi il loro fisico si sviluppava diversamente, raggiungendo, presso il popolo dei Franchi, stature imponenti. Immaginate di mettere un contadino al fianco di un nobile: vedreste due figure completamente diverse. Il primo piccolo, poco proporzionato, spesso con mani e piedi deformati dal lavoro. Il secondo al contrario, alto, robusto, con mani forti pronte a brandire la spada e combattere, cosa per cui si era allenato ogni giorno della sua vita. Tutto ciò, ovviamente grazie a una dieta ricchissima di proteine animali. Che questo fosse sano, ora non tutti sarebbero d’accordo. Noi sappiamo che un eccessivo consumo di carne nuoce al corpo. Provate però a spiegarlo a Carlo Magno. A sentire Eginardo, infatti, su quest’argomento non accettava divieti.
“Aveva una certa ostinazione a non voler seguire i consigli dei medici di corte per un'alimentazione più equilibrata per curare quella gotta che lo tormentò negli ultimi anni di vita. Carlo fu infatti geloso della propria "libertà alimentare" e rifiutò sempre di cambiare dieta, fatto che, dato lo stato di salute, probabilmente ne affrettò la morte”.
Giusto per saperlo: Carlo Magno era estremamente pulito e amava le Terme, meglio dire i bagni di vapore delle acque termali e si teneva in allenamento con frequenti nuotate: "invitava ai bagni" scrive Eginardo "non solo i figli, ma anche i nobili e gli amici, e talvolta anche la folla del suo seguito e delle guardie del corpo, tanto che non di rado si bagnavano insieme cento uomini e più". E poi c’era la passione per le belle donne, con le quali ebbe un numero non precisato di figli, legittimi e non. Tanti figli si, ma quanti realmente Carlo Magno ne riconosceva? Pochissimi: “No no! Sono solo tre: Carlo, Pipino e Ludovico. Gli altri non contano, ero ubriaco.” Questi i vizi, ma parliamo delle virtù: Carlo Magno era un uomo di profonda cultura, conosceva perfettamente il latino e anche il greco, sapeva leggere ed era consapevole dell’'importanza della cultura nel governo dell'impero eppure… non sapeva scrivere. Ma come è possibile? Se dicevamo all’inizio che ci ha lasciato anche un trattato...
È così, Carlo Magno non sapeva scrivere, ma all’epoca non era affatto strano. Noi impariamo a leggere e a scrivere allo stesso tempo, nel Medioevo invece no, si imparava in momenti diversi. Saper scrivere, poi, non era nemmeno così necessario, perché c’era chi lo faceva per mestiere. Chi erano? Gran parte degli ecclesiastici ma anche scribi, tabellioni, notai, consoli, giudici e castaldi. Quindi, Carlo Magno non aveva la necessità di imparare, eppure sappiamo che ci provò. Scrive Eginardo che "teneva a letto sotto i guanciali tavole e fogli di pergamena per abituare la mano, quando aveva tempo libero, a tracciare le lettere, ma intraprese questa fatica troppo tardi e ne ricavò poco".
A questo punto è ora di parlare di Vitis Vinifera, perché con Carlo Magno la viticoltura fiorisce e si espande. Potremmo quasi dire che venerasse questa pianta. Come ho detto era consapevole dell’importanza della cultura nel governo dell'impero, e lo era anche del fatto che per una buona organizzazione politica e sociale fosse necessario avere delle regole. Tra il 770 e l’813 emanò il più importante capitolare carolingio, IL CAPITULARE DE VILLIS. 70 paragrafi nei quali vengono dettate regole e norme di condotta al fine di tutelare sia i piccoli proprietari terrieri dalla “prepotenza” della nobiltà fondiaria sia i diritti delle popolazioni rurali più povere. Quindi disciplinare le attività rurali, agricole e commerciali delle aziende o ville dell'impero, tra cui i suoi terreni compresi i vigneti e tutto ciò che riguardava la produzione del vino. Emerge la figura del “vignaiolo” che diventa uno specialista di tutto il processo legato alla viticoltura, dall'impianto della vite fino alla torcitura. Ai viticoltori era concessa la vendita al dettaglio del vino, segnalata (cosa che si fa ancora oggi a Vienna e nella provincia di Roma) da una frasca appesa alla porta di casa. I vitigni furono recintati, sia per essere protetti dalle invasioni degli animali sia per limitare la coltivazione, con l'obiettivo di puntare più sulla qualità che sulla quantità. Vennero anche introdotte nuove regole molto severe sull’igiene nella produzione del vino: era proibito ad esempio pestare l’uva con i piedi o conservare i vini in pelli di animali. Carlo Magno fece disboscare le fitte foreste della valle del Reno per piantare viti provenienti dall’Ungheria, Italia, Spagna, Lorena e Champagne. Insomma voleva vitigni di qualità!
Lo sapevate che Carlo Magno adorava il vino ma non tollerava assolutamente l’ubriachezza? Diceva "Solo chi ama la moderazione è un vero amico del vino", e pare che non ne bevesse più di tre calici a banchetto. Gli piaceva il moscato e il vino rosso di Cornas , anche se in vecchiaia preferì, o fu costretto a preferire, il vino bianco, perché quello rosso… gli macchiava la barba.
Una curiosità. Si narra che una volta in Borgogna notò che in una zona della collina di Corton la neve si scioglieva prima. Allora ordinò ai suoi assistenti di piantare in quel luogo una vigna di uve rosse. Un paio di decenni dopo, la sua quarta moglie, stufa di vederlo sempre con la lunga barba bianca sporca di vino rosso, ordinò di espiantare una parte del vigneto di quella collina e di piantarvi solo uve bianche. Quella zona è oggi conosciuta come Corton-Charlemagne, uno degli otto Grands Crus della Cote de Beaune, dove il vino bianco, prodotto con uve Chardonnay, è tra i migliori del mondo. Giusto per saperlo, nominò i 12 mesi dell’anno nella sua lingua madre, il teotisco una sorta di tedesco, e a ottobre diede il nome di “mese della vendemmia” e fu sempre lui a introdurre l'alternanza di giorni feriali, in cui si digiunava e si faceva astinenza, con quelli di festa, in cui si poteva mangiare abbondante e innaffiare il tutto con del buon vino.
Ricapitolando, Carlo Magno: grande Re, grande guerriero, grande politico ma anche grande proprietario terriero e di vigneti.
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Lo sapevate che non solo l'uva ma la pianta della vite , grazie alle sue proprietà, può aiutarci a mantenere un corretto stile di vita? Fleboral 100 e Fleboral 300 sono integratori alimentari a base di estratto secco di Vitis Vinifera. La Vitis Vinifera aiuta a migliorare la funzionalità del microcircolo e, grazie alle sue proprietà antiossidanti, contribuisce alla regolare funzionalità dell'apparato cardiovascolare.
Gli integratori non vanno intesi come sostituti di una dieta alimentare variata ed equilibrata e uno stile di vita sano. Leggere attentamente le avvertenze e le istruzioni d’uso.
La ricetta: con la vite, con i suoi frutti così dolci e profumati, si possono preparare piatti gustosissimi, come l'arrosto al vino rosso.
Ingredienti: foglie di vite e uva, 700 gr. di girello di manzo, erbe aromatiche come rosmarino, salvia e menta, qualche chiodo di garofano, sale, pepe e una bottiglia di vino rosso (ad esempio un Pinot Noir).
Prima di tutto lasciare marinare il girello di manzo nel Pinot Noir e chiodi di garofano per un paio d’ore. Nel frattempo, prepariamo il contorno d’uva: padella, olio extra vergine , un rametto di rosmarino e uno di menta, 3 foglie di salvia. Far rosolare per 4/5 minuti i chicchi di uva. Coprire con un coperchio e mettere da parte.
Trascorse le due ore togliamo il girello di manzo dal vino, avvolgiamolo nelle foglie di vite e leghiamolo con dello spago. Spennellare con un’emulsione di olio, sale, pepe. Mettiamolo in un tegame antiaderente leggermente unto con dell’olio extra vergine, facendolo rosolare da tutte le parti.
Aggiungiamo a questo punto il vino della marinatura, senza i chiodi di garofano, copriamo con un coperchio e lasciamo cuocere per un’ora circa a fuoco basso, avendo cura di girare l’arrosto ogni tanto.
A cottura ultimata, ultimo fondamentale e oserei dire goloso passaggio, utilizziamo il vino di cottura per creare una salsa di accompagnamento: padella, vino di cottura, 20 gr di burro. Far cuocere 5/7 minuti. Filtrare con un colino.
Servire l’arrosto a fette con i chicchi d’uva rosolati e la salsa di vino.
Non mi resta che dirvi "Buon appetito!". Alla prossima puntata.
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